Sempre più persone si trovano a dover affrontare degli stressanti ritmi lavorativi che li portano a dover completamente ribaltare la giornata.

Sto parlando degli “shift workers” o turnisti, che, secondo recenti stime rappresenterebbero circa un terzo della popolazione. Sia ben chiaro, non sto dicendo che uno su tre lavora di notte, ma semplicemente che uno su tre non fa più il classico orario 9-17 e questo causa importanti ripercussioni sulla salute.

Gli ormoni e la circadianità

Lavorare dalle 9 alle 17 oppure dalle 22 alle 6 apparentemente non comporta alcun tipo di problema.  Sono pur sempre 8 ore di lavoro, non una di più, non una di meno. Tuttavia, ti sei mai chiesto perché un giorno dura esattamente 24 ore e non 32? E perché il sole spunta sempre durante il giorno e la luna di notte? Se la natura ha fatto tutto questo, un motivo ci sarà..nulla viene per caso.

Gli esseri viventi sono stati concepiti per rispettare dei cicli: giornalieri, mensili, annuali, stagionali. Le piante fioriscono a primavera, fanno i frutti d’estate, perdono le foglie d’autunno e muoiono d’inverno. Gli animali nascono, crescono, si accoppiano e muoiono. Fa parte del ciclo della vita.

Così, anche i nostri ormoni sono stati progettati per rispettare dei ritmi circadiani (ovvero di 24 ore) che vengono attentamente monitorati da una zona del sistema nervoso centrale, il nucleo soprachiasmatico, il nostro orologio biologico.

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Ritmi circadiani

Facciamo un paio di esempi. Il cortisolo, l’ormone dello stress, viene prodotto ad elevati livelli alle prime luci del mattino, per poi calare durante la giornata e raggiungere il picco minimo la notte. Il GH, l’ormone della crescita, invece, aumenta durante la notte, così come la melatonina, che regola il ciclo veglia-sonno o la leptina, l’ormone che regola la sazietà.

Il nucleo soprachiasmatico riesce a “sentire” la presenza della luce e del buio e, di conseguenza, regola la produzione di ormoni. In assenza di questi stimoli sincronizzatori, i ritmi continuano ad essere presenti, ma il loro periodo può assestarsi su valori diversi, per esempio il ciclo veglia-sonno può allungarsi fino a 36 ore, se si vive nell’oscurità, o ridursi a 15 ore se la presenza di luce è costante.

L’uomo, piano piano sta tentando di distruggere ogni parvenza di ciclicità: nei supermercati troviamo la frutta e la verdura che ci piace tutto l’anno, anche se non è di stagione, il clima è cambiato per cui molto spesso troviamo piante che fioriscono d’inverno o animali che escono dal letargo in pieno gennaio, la disponibilità di luce, grazie all’elettricità, è diventata una realtà costante, anche in piena notte.

Così per il nostro caro nucleo soprachiasmatico è diventato sempre più difficile mantenere una certa regolarità nella produzione ormonale, soprattutto in chi, per motivi di lavoro, è costretto a scambiare il giorno con la notte.

Spesso, infatti, i turnisti sono persone che fanno un’enorme fatica ad abituarsi a questi orari e quando questo avviene, in genere devono cambiare turno, vanificando l’adattamento che si era verificato nel frattempo.

Sovrappeso, irritabilità, insonnia, stanchezza, depressione, dislipidemia, flatulenza, costipazione, dispepsia, ansia sono solo alcuni dei sintomi di cui soffrono questi soggetti  e che dipendono dalla distruzione dei ritmi circadiani.

In genere, questi problemi sono amplificati dalla scarsa qualità del cibo, dall’uso eccessivo di caffeina, tabacco ed alcolici, utilizzati per rimanere svegli.

La dieta amica degli “shift workers”

La classica giornata con la colazione alle ore 7, lo spuntino alle 11, il pranzo alle 13, la merenda alle 16 e la cena alle 20, per un turnista NON HA SENSO.

Così come NON HA SENSO mangiare alle 7 latte e biscotti, poi nulla fino al pomeriggio, cenare con enormi porzioni di carboidrati e spiluccare durante la notte, magari aggiungendo anche quantità industriali di caffè o ginseng per rimanere in piedi, con il risultato che sarà ancora più difficile l’addormentamento a fine turno.

La perdita del sonno spesso provoca un calo di vigilanza e di concentrazione intorno alle 2-4 di mattina, orario molto pericoloso perché possono verificarsi dei brevi episodi di sonno incontrollato che possono provocare dei gravi infortuni sul lavoro.

Diversi studi correlano queste vicende con l’utilizzo eccessivo di cereali contenenti glutine e latticini la sera. La gluteomorfina presente nei primi e la caseomorfina nei secondi, possono, infatti, avere degli effetti soporiferi. Quindi attenzione se vengono introdotti prima dell’inizio del turno!

Ma allora come organizzare la giornata?

L’ideale sarebbe cercare sempre di mantenere degli orari fissi per i pasti. Questo consentirà di mantenere un minimo di ordine nei ritmi circadiani già complicati di questi soggetti.

Inoltre, è necessario non pensare più alla classica organizzazione della giornata, ma piuttosto alla funzionalità del cibo in rapporto agli orari di lavoro della persona.

Mi spiego meglio: la cena rappresenta il pasto più prossimo all’inizio del lavoro, quindi non ha senso sovraccaricare il soggetto di carboidrati, altrimenti dopo qualche ora sicuramente inizierà a soffrire di sonnolenza.

Meglio, quindi, privilegiare una fonte proteica (carne o pesce o uova) con verdure, una piccola porzione di carboidrati (in quantità strettamente dipendenti anche dal fatto se il soggetto è o meno normopeso) e del condimento, come un cucchiaio di olio d’oliva.

Durante la notte è consentito un pasto complementare, che rappresenta il pranzo del soggetto, in cui devono essere nuovamente presenti proteine e lipidi più una piccola porzione di carboidrati. Un panino con bresaola, rucola e grana potrebbe ad esempio fare al caso nostro.

E’possibile, poi, associare un ulteriore pasto accessorio, il nostro spuntino, costituito questa volta solo da fonti lipidiche e proteiche. Un classico esempio è della frutta secca oppure uno yogurt greco intero.

Fondamentale, poi, è a fine turno mangiare prima di andare a dormire: le persone che consumano un pasto, quando si svegliano hanno meno fame, sono meno portate verso il cibo spazzatura e, soprattutto, se utilizzano le fonti opportune, riescono ad addormentarsi con più facilità. Qui si che ha senso introdurre dei carboidrati: il loro effetto ipno-inducente, infatti, è quello che vogliamo sfruttare per dormire meglio. Via libera, quindi, ad esempio ad una bella tazza di yogurt con della frutta secca e dei cereali, in particolare l’avena.

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Colazione per turnista

Integratori si, integratori no

I turnisti spesso hanno livelli di cortisolo molto più alti delle persone normali. Assumere un integratore di fosfatidilserina, potrebbe, quindi, aiutare ad abbassarne i livelli.

Molto dibattuto è il ruolo della melatonina. Questo ormone, infatti, viene prodotto al buio e serve per regolarizzare il ciclo veglia-sonno. Ma chi lavora a turno, di notte lavora e di giorno riposa. Quindi egli sarebbe portato ad assumerla durante la giornata, prima di andare a dormire.

Attenzione, però, perché diversi studi evidenziano che, se presa per lunghi periodi durante il giorno, può peggiorare il profilo lipidico del turnista. Perciò, se decidi di assumerla, ricordati di farlo solo la sera.

Attività fisica e riposo

Ricordati, infine, di fare sempre un minimo di esercizio fisico, ma di farlo sempre dopo aver riposato a sufficienza, quindi nel pomeriggio. Infatti, educare il paziente al “napping“, ovvero a fare dei piccoli pisolini ristoratori al buio durante la giornata è fondamentale per migliorare molto la qualità di vita del soggetto.

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Pisolino ristoratore

Fonti

Borba Brum M.C., Dantas Filho F.F., Schnorr C.C., Borchardt Bottega G., Rodrigues T.C.  Shift work and its association with metabolic disorders (2015). Diabetol Metab Syndr, 7-45.

Loef B., Van Baarle D.,, Van der Beek J., Van Kerkhof L.W., Van de Langenberg D., Proper K.I. Klokwerk + study protocol: An observational study to the effects of night–shift work on body weight and infection susceptibility and the mechanisms underlying these health effects (2016). Public Health, 16, 692.

Wang X.S., Armstrong M.E.G, Cairns B.J., Key T. J., Travis R.C.  Shift work and chronic disease: the epidemiological evidence (2011). Occup. Med. 61(2), 78-89.